9.11.12

Il cucciolo. CAPITOLO 12


Il cucciolo.
CAPITOLO  12– Masquerade.









Drake si era quasi addormentato col pensiero di Ryan triste. E ciò che immaginava non era poi così tanto lontano da quello che in realtà passava il ragazzo, al contrario di cosa Drake pensasse.
Louis tornò a casa, trovando ancora una volta il figlio già steso sul letto. Era un angelo, non solo per l’aspetto ma per quanto fosse perfetto in ciò che faceva.
Louis e sua moglie erano sempre stati tranquilli con lui, tanto che  a volte, dopo la morte della nonna di Drake, era capitato che rimanesse solo fino ad ore tarde, eppure era stato capace di riscaldarsi il cibo dal frigo, lavando posate e piatti, facendosi trovare sempre a letto con il pigiama indosso, sempre accompagnato dal suo fido Bunny – ovviamente il coniglietto bianco che Drake tanto adorava. Poi col tempo Bunny se n'era andato anche lui, e Drake si era cimentato sempre più in esperimenti culinari che ben o male erano sempre buonissimi. Le cene, quelle importanti, le preparava lui. Non era questione di voglia ma di orgoglio e di mettersi alla prova.
Fin da piccolo aveva espresso tutto con carta e penna, in tutti i sensi, dal disegno alla scrittura. Non si era fatto mancare concorsi vinti e stravinti, ed addirittura un libro chiamato Le rose di Giugno, libro che a parere di Louis racchiudeva la sua vera essenza: un ragazzo chiuso, debole secondo lui stesso, ma forte senza nemmeno rendersene conto; una creatura che vorrebbe urlare al mondo ma non riesce; un bambino in un corpo troppo grande; delle emozioni racchiuse in un animo che dà per scontato la sua totale inutilità. Ma nel suo libro c’era il lieto fine… e nella realtà? Louis lo sperava. Di nascosto aveva letto la piccola grande opera di un ragazzo “muto” al mondo.

Lo aveva visto sbuffare nell’altra stanza, rigirarsi sul letto cambiando mille posizioni, senza dar conto alla tv non riusciva ad addormentarsi. Così era entrato bussando e gli occhi vitali di Drake si erano posati su di lui.

«Ciao papà!» pigolò cercando di essere il più convincente possibile con quella sua maschera di finzioni e magie, fin troppo utilizzata.
«Ehi, piccolo…»
«Papà, non sono più piccolo…»
«Sì, be’… altri due mesi e non lo sarai più… piccolo mio.»
«Mmm…» mugugnò Drake incrociando le braccia al petto.
«Senti… mi ha chiamato Ryan. Mi ha detto che doveva parlarti ma ero ancora a lavoro. Gli ho detto che lo avresti fatto tu appena ti avrei dato il numero suo che mi ha detto non hai.»
Annuì Drake, mordendosi l’interno della guancia quasi a sangue.
«Ok. Segnati questo qui che io non ci vedo.»
«Sei vecchio, è normale.» scherzò Drake ed il padre gli tirò un lieve bugno sulla spalla.

*


Tu. Tuuuuuu.
Tu. Tuuuuuuuuu.

Ogni tuuuuuuu era un supplizio per Drake.
Voleva morire prima che l’altro pigiasse il tasto verde del cellulare.

Tu. Tuuuuuu.
Tu. Tuuuuuuuuu.

Ryan rispose. Drake trattenne il respiro e l’altro fece  altrettanto, facendo sentire solo il proprio respiro – sì, un po’ come quei film con gli assassini maniaci-psicopatici!

«C-ciao. Allora come va?» ecco cosa era uscito dal cervello di Drake.
Che domanda idiota gli aveva fatto…
«Va.» aveva semplicemente risposto Ryan. E Drake l’aveva sentito quel doppio respiro affannato prima di parlare, aveva sentito il peso che il ragazzo doveva sopportare nel parlare, come se lo squarciasse, e la voce non reggesse molto il dolore, tanto che era incrinata, roca e più profonda.
«Ah. S-senti… i-io volevo chiederti se… cioè, hai detto a mio padre che volevi parlarmi.»
«Sì, ma ora non mi va.» aveva detto Ryan subito dopo Drake.
«O-ok… posso almeno dire qualcosa io?»
«Lo stai già facendo, mi pare…»
«…» Drake rimase in silenzio. Dopotutto se lo aspettava, Ryan aveva ragione a trattarlo così. Lo stava solo pagando con la stessa moneta che il biondo aveva usato…
«Parla.» aveva poi aggiunto, al contrario delle sue aspettative.
«E-ehm, ecco… ho parlato con Josh, cioè più che altro è stato lui a dirmi come stai e… i-io volevo chiederti scusa. Non lo meritavi e… è solo che m-mi sento… » respirò a fondo prima di aprire bocca ancora e continuare «…debole… e stupido per quella cosa che sai.» disse riferendosi all’inalatore.
«Perché dovresti?» chiese Ryan. Il tono era certamente più acceso e forse anche incuriosito.
«P-perché sì… insomma… ci sono cose che non potrò mai fare… e di certo l’ansia, l’eccitazione,…» disse l’ultima parola a voce più bassa in modo da non poter essere sentito nella stanza a fianco «… e molte altre emozioni d’impatto e situazioni improbabili, rischiano di provocarmi un attacco d’asma. Sono un debole. Ecco tutto.»
Il soffio che arrivò dalla cornetta del telefono sembrava una lieve risata, il suono di qualcosa che pian piano stava tornando al suo posto e si stava ricomponendo pezzetto dopo pezzetto.
«A-allora me la dai un’altra possibilità per farti capire che non sono così stronzo?» sussurrò tutt’insieme, Ryan.

Drake sorrise. Gli occhi gli pizzicavano. Ryan riusciva ad essere, sì sfacciato, ma anche così dolce e remissivo, carico e speranzoso… unico. Rise.
«Certo.» il tono che uscì a Drake era dolce e caldo, una cosa che mai sapeva di aver dentro. Forse era Ryan la causa, ma non riusciva a scappare, non stavolta.
«Ok… allora…»
«Che ne dici di venire con me per due giorni questo fine settimana nella baita dei miei, in montagna?»
«Mmm…»
«Prometto che sarò buono…»
«…Meglio per te che sennò diventi il mio pasto principale.»
«Ahahaha certo.»
«Però… sei certo del fatto che starai da solo con me e nessun altro?»
«Sì.»
«Sicuro? Qualsiasi cosa possa accadere…?»
«Sì.» disse di nuovo Drake. Sapeva cosa passava per la mente di Ryan ed in un certo senso ci sperava anche lui. Non sarebbe stata neanche la sua prima volta, ma…
«L’hai detto tu, eh! Poi non  me lo rinfacciare, eh!»
«No, promesso.»
«Ok. Chiudo allora…»
«S-sì. Ah… Ryan…?»
«Che c’è?»
«G-grazie… »
Sospirò. «Di niente. Anzi… a buon rendere
«Certo. Ci sentiamo allora…»
«Sì. Ciao.» Ryan ancora voleva dire qualcosa, quelle parole che premevano per uscire fuori impetuose, e forse quei due giorni sarebbero stati fatali. Avrebbe potuto rovinare tutto dicendo qualcosa di stupido come “ti amo”.







(N.d.A.: l’ultima frase è una citazione alla canzone ‘Somethig Stupid’ di Robbie Williams e Nicole Kidman.) La frase in lingua è:


And then I go and spoil it all
By saying something stupid
Like I love you

Nessun commento:

Posta un commento