Il
cucciolo.
CAPITOLO 12– Masquerade.

Drake si era
quasi addormentato col pensiero di Ryan triste. E ciò che immaginava non era
poi così tanto lontano da quello che in realtà passava il ragazzo, al contrario
di cosa Drake pensasse.
Louis tornò a
casa, trovando ancora una volta il figlio già steso sul letto. Era un angelo,
non solo per l’aspetto ma per quanto fosse perfetto in ciò che faceva.
Louis e sua
moglie erano sempre stati tranquilli con lui, tanto che a volte,
dopo la morte della nonna di Drake, era capitato che rimanesse solo fino ad ore
tarde, eppure era stato capace di riscaldarsi il cibo dal frigo, lavando posate
e piatti, facendosi trovare sempre a letto con il pigiama indosso, sempre
accompagnato dal suo fido Bunny – ovviamente il coniglietto bianco che Drake
tanto adorava. Poi col tempo Bunny se n'era andato anche lui, e Drake si era
cimentato sempre più in esperimenti culinari che ben o male erano sempre
buonissimi. Le cene, quelle importanti, le preparava lui. Non era questione di
voglia ma di orgoglio e di mettersi alla prova.
Fin da
piccolo aveva espresso tutto con carta e penna, in tutti i sensi, dal disegno
alla scrittura. Non si era fatto mancare concorsi vinti e stravinti, ed
addirittura un libro chiamato Le rose di Giugno, libro che a parere
di Louis racchiudeva la sua vera essenza: un ragazzo chiuso, debole secondo lui
stesso, ma forte senza nemmeno rendersene conto; una creatura che vorrebbe
urlare al mondo ma non riesce; un bambino in un corpo troppo grande; delle
emozioni racchiuse in un animo che dà per scontato la sua totale inutilità. Ma
nel suo libro c’era il lieto fine… e nella realtà? Louis lo sperava. Di
nascosto aveva letto la piccola grande opera di un ragazzo “muto” al mondo.
Lo aveva
visto sbuffare nell’altra stanza, rigirarsi sul letto cambiando mille
posizioni, senza dar conto alla tv non riusciva ad addormentarsi. Così era
entrato bussando e gli occhi vitali di Drake si erano posati
su di lui.
«Ciao papà!»
pigolò cercando di essere il più convincente possibile con quella sua maschera
di finzioni e magie, fin troppo utilizzata.
«Ehi,
piccolo…»
«Papà, non
sono più piccolo…»
«Sì, be’…
altri due mesi e non lo sarai più… piccolo mio.»
«Mmm…»
mugugnò Drake incrociando le braccia al petto.
«Senti… mi ha
chiamato Ryan. Mi ha detto che doveva parlarti ma ero ancora a lavoro. Gli ho
detto che lo avresti fatto tu appena ti avrei dato il numero suo che mi ha
detto non hai.»
Annuì Drake,
mordendosi l’interno della guancia quasi a sangue.
«Ok. Segnati
questo qui che io non ci vedo.»
«Sei vecchio,
è normale.» scherzò Drake ed il padre gli tirò un lieve bugno sulla spalla.
*
Tu. Tuuuuuu.
Tu.
Tuuuuuuuuu.
Ogni tuuuuuuu era
un supplizio per Drake.
Voleva morire
prima che l’altro pigiasse il tasto verde del cellulare.
Tu. Tuuuuuu.
Tu. Tuuuuuuuuu.
Ryan rispose. Drake
trattenne il respiro e l’altro fece altrettanto, facendo sentire
solo il proprio respiro – sì, un po’ come quei film con gli assassini
maniaci-psicopatici!
«C-ciao.
Allora come va?» ecco cosa era uscito dal cervello di Drake.
Che domanda
idiota gli aveva fatto…
«Va.» aveva
semplicemente risposto Ryan. E Drake l’aveva sentito quel doppio respiro
affannato prima di parlare, aveva sentito il peso che il ragazzo doveva
sopportare nel parlare, come se lo squarciasse, e la voce non reggesse molto il
dolore, tanto che era incrinata, roca e più profonda.
«Ah. S-senti…
i-io volevo chiederti se… cioè, hai detto a mio padre che volevi parlarmi.»
«Sì, ma ora
non mi va.» aveva detto Ryan subito dopo Drake.
«O-ok… posso
almeno dire qualcosa io?»
«Lo stai già
facendo, mi pare…»
«…» Drake
rimase in silenzio. Dopotutto se lo aspettava, Ryan aveva ragione a trattarlo
così. Lo stava solo pagando con la stessa moneta che il biondo aveva usato…
«Parla.»
aveva poi aggiunto, al contrario delle sue aspettative.
«E-ehm, ecco…
ho parlato con Josh, cioè più che altro è stato lui a dirmi come stai e… i-io
volevo chiederti scusa. Non lo meritavi e… è solo che m-mi sento… » respirò a
fondo prima di aprire bocca ancora e continuare «…debole… e stupido per quella
cosa che sai.» disse riferendosi all’inalatore.
«Perché
dovresti?» chiese Ryan. Il tono era certamente più acceso e forse anche
incuriosito.
«P-perché sì…
insomma… ci sono cose che non potrò mai fare… e di certo l’ansia,
l’eccitazione,…» disse l’ultima parola a voce più bassa in modo da non poter
essere sentito nella stanza a fianco «… e molte altre emozioni d’impatto e
situazioni improbabili, rischiano di provocarmi un attacco d’asma. Sono un
debole. Ecco tutto.»
Il soffio che
arrivò dalla cornetta del telefono sembrava una lieve risata, il suono di qualcosa
che pian piano stava tornando al suo posto e si stava ricomponendo pezzetto
dopo pezzetto.
«A-allora me
la dai un’altra possibilità per farti capire che non sono così stronzo?»
sussurrò tutt’insieme, Ryan.
Drake
sorrise. Gli occhi gli pizzicavano. Ryan riusciva ad essere, sì sfacciato, ma
anche così dolce e remissivo, carico e speranzoso… unico. Rise.
«Certo.» il
tono che uscì a Drake era dolce e caldo, una cosa che mai sapeva di aver
dentro. Forse era Ryan la causa, ma non riusciva a scappare, non stavolta.
«Ok… allora…»
«Che ne dici
di venire con me per due giorni questo fine settimana nella baita dei miei, in
montagna?»
«Mmm…»
«Prometto che
sarò buono…»
«…Meglio per
te che sennò diventi il mio pasto principale.»
«Ahahaha
certo.»
«Però… sei
certo del fatto che starai da solo con me e nessun altro?»
«Sì.»
«Sicuro?
Qualsiasi cosa possa accadere…?»
«Sì.» disse
di nuovo Drake. Sapeva cosa passava per la mente di Ryan ed in un certo senso
ci sperava anche lui. Non sarebbe stata neanche la sua prima volta, ma…
«L’hai detto
tu, eh! Poi non me lo rinfacciare, eh!»
«No,
promesso.»
«Ok. Chiudo
allora…»
«S-sì. Ah…
Ryan…?»
«Che c’è?»
«G-grazie… »
Sospirò. «Di
niente. Anzi… a buon rendere.»
«Certo. Ci
sentiamo allora…»
«Sì. Ciao.»
Ryan ancora voleva dire qualcosa, quelle parole che premevano per uscire fuori
impetuose, e forse quei due giorni sarebbero stati fatali. Avrebbe
potuto rovinare tutto dicendo qualcosa di stupido come “ti amo”.
(N.d.A.:
l’ultima frase è una citazione alla canzone ‘Somethig Stupid’ di Robbie
Williams e Nicole Kidman.) La frase in
lingua è:
And then I go and spoil it all
By saying something stupid
Like I love you
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